lunedì 25 novembre 2013

Gratitudine. Parte 1

Uno non può farci nulla. Accende la tele, compra un giornale, anzi, magari nemmeno lo compra, magari sbircia con la coda dell'occhio quello del vicino in autobus, ascolta la radio, sente pezzi di conversazioni al banco latticini della Coop: e sa che anche oggi il mondo si è sbriciolato un altro po'. 
Che siano vittime di catastrofi naturali, bambini che non hanno di che mangiare, assurdi accordi per il nucleare, ecco. Briciole di mondo che se ne va, stanco e ormai rancido. Briciole che fanno male e fanno vergognare e fanno venire voglia di ritirarsi a Rapanui ad allevare farfalle.

È in questi momenti, quindi circa ogni giorno, che cerco di darmi una scrollata, guardarmi allo specchio e ricacciare indietro quella miriade di menate, paranoie e lamenti vari che troppo spesso mi stringono le braccia come un maglione infeltrito.
Perchè sono fortunata, lo so. E mi sento una shit colossale ogni volta che me ne dimentico.

Perchè sono grata

1. Perchè ho da mangiare. Più di quanto me ne occorra davvero. Posso
   permettermi il lusso di rifiutarlo quando non mi va, di cambiarlo
   con altro quando mi va più altro, di buttare nella
   compostiera l'avanzo di gateau e i pezzi filamentosi della
   bistecca di manzo

2. Perchè ho una casa sopra alla testa, con i pavimenti, l'acqua
   corrente, l'elettricità, il riscaldamento. Le tende, le
   stoviglie, i soprammobili e la polvere, il frigorifero e  i forni

3. Perchè ho tante cose "mie". Vestiti, scarpe, elastici colorati
   per capelli, spazzolino e dentifricio che promettono denti
   brillanti e alito perfetto, specchi sagomati, libri, tanti libri,

   una scrivania che uso e una che si sobbarca il peso di una serie
   inesauribile di roba sconnessa lasciata sopra

4. Perchè quando mi ammalo, mi posso curare. Posso andare dalla
   dottoressa, posso comprarmi le medicine che mi servono, posso
   andare all'ospedale. Dove tutto è asettico e dove i dottori si
   mettono i guanti usa e getta ad ogni nuova visita

5. Perchè ho un lavoro. E per quanto non sia ciò che sognavo e ciò
   che vorrei fare per i restanti (almeno) 40 anni di contributi che
   mi restano, ce l'ho

6. Perchè vivo in un paesino ai piedi di colline verdi e nebbiose,
   pizzicato ogni tanto dai fumi delle ceramiche circostanti. Non
   da quelli di centrali nucleari o industrie siderurgiche prossime
   ad incidenti disastrosi o sparatorie e bombardamenti aerei.
7. Perchè non ho mai saputo cosa vuol dire davvero, da vicino, sulla
   pelle e intorno a me, la parola "guerra"

8. Perchè ho avuto e ho delle possibilità. Tante, tantissime, più
   di quelle che forse metà della popolazione mondiale avrà mai in
   un'intera vita: ho potuto studiare, ho potuto scegliere cosa e
   dove farlo. Posso viaggiare. Posso uscire con gli amici. Posso
   lavarmi ogni giorno. Posso togliermi degli sfizi. Posso sognare 
   di restare o di andare, di cambiare e di migliorare.

9. Perchè so cosa sia il superfluo, il non necessario, il "di più".
10.Perchè ho trovato Quel qualcuno. Che amo più di ogni altra cosa
   al mondo.


lunedì 28 ottobre 2013

Pending

Mi chiedevo se esiste un confine tra consapevolezza e forza di reazione effettiva, tra razionalizzazione e azione.
Voglio dire, ci rendiamo conto di avere delle gambe irsute e ispide? Ci depiliamo. Quasi sempre. Poi ci sono le soluzioni-tampone-cammuffo, tipo collant 50 denari o leggins con tanto di calzino al ginocchio. 
E per il momento la nostra consapevolezza rimane lì, in pending, in attesa di futura risoluzione.
Bene, eccomi qui. 
Non con gambe da orso bruno, ma con questa lenta e pungente e acida e vischiosa certezza che così non va bene, che continuo a farmi scavare dentro pozzi gelidi che mai verrano riempiti, che continuo ad offrire su un piatto d'oro 18car il mio cuore, la mia testa, tutta me. Per vederli ignorati, rimpallati, un po' pestati e un po' detestati.
Ma io questo filo da mia mia madre non riesco davvero a reciderlo Rimango qui immobile
In attesa che qualcosa migliori, con la mutua rassegnazione che non succederà mai, ma con una flebile, pruriginosa speranza che invece, magari, chissà, forse, un giorno capiterà.
Quanto vorrei essere più forte e indipendente e sicura e menefreghista a volte. 
Vorrei avere le palle di girarmi, scrollarmi dalle spalle polvere e fango, prendere un paio di forbici lunghissime e Zac!, tagliare questo insano e logorante e corrosivo filo bianco.
Domani, un giorno, chissà

venerdì 11 ottobre 2013

giovedì 3 ottobre 2013

La verità è che

La verità è che sotto alla moquette, il legno è pieno di solchi e graffi e tempo dimenticato e ore silenziose.
La verità è che la pazienza può essere grande quanto una mongolfiera, ma se passa la folata di vento sbagliata so' cazzi.
La verità è che i sofficini non fanno il sorriso. Ma nemmeno un accenno. Ma manco una smorfia. Li puoi sforchettare e infilzare fino alla noia, ma il massimo che traborderà sarà un triste rivolo di formaggio pallido.
La verità è che sotto a quei chili di fondotinta e primer e correttori e blush e fard e rossetto e ombretto e mascara ed eyeliner, quella commessa di quella profumeria ha una faccia che mi ricorda quella di Mikey Rourke. 
La verità è che se a qualcuno non vai giù, lo percepisci. Certi riescono a nascondersi dietro a ghigni da Joker pre-trucco, altri hanno il viso che sembra un po'il culo di una gallina, un po' il 1°novembre, un po' una lattina di Fanta svanita. Una roba tremenda.
La verità è che se fai un piacere a qualcuno, ti aspetti un grazie, un cenno, un sorriso. E invece tanto spesso, succede proprio poco.
La verità è che quando ti metti a raccontare qualcosa che ti è successo, quando cerchi di fare una conversazione assolutamente tranquilla e low-profile, ti aspetti di trovare un interlocutore vivo e attivo. E invece ti ritrovi davanti una specie di falco imbalsamato con le biglie di vetro al posto degli occhi.
La verità è che puoi negarlo, nasconderti, evitarlo quanto vuoi: alla fine l'amore ti trova, ti abbraccia, ti si lega tra stomaco e cuore e ti soffoca. E tu non sei mai stata così tanto felice prima. E non hai mai avuto così tanta paura prima. 
Prima di questa cosa così immensa e meravigliosa e inspiegabile.
La verità è che speri. 
Speri che prima o poi possa arrivare quel giorno in cui riuscirai a perdonare te stessa e in cui ti convincerai che tutta questa fortuna, tutta questa magia, tutta questa gioia, te le sei meritate.

mercoledì 18 settembre 2013

54

Lunedì era il compleanno della Mater.
Tigellata con tanto di lardo, umido di salsiccia e funghi, (che farsi mancare qualcosa a tavola non è da noi), salumi e formaggi, torta con cremosissima chantilly e frutti rossi.
E in tutto questo, tra tutte le chiacchiere, le briciole, il grasso del prosciutto e il pinzimonio appena toccato, 
nemmeno un abbraccio, un bacio, un sorriso caldo.
Io non so com'è, ma c'è sempre questa parete in plexiglas trasparente tra me e lei. E i suoni e i colori rimango fuori.
La vedo lì, vedo le chiacchiere e le risate tra lei e mia sorella, vedo i suoi occhi ascoltarla e guardarla. Ma davvero proprio.
E sento un'invidia nostalgica agitarsi dentro, ribollire come sciroppo di amarene e zucchero semolato.
E mi sento un po' sbagliata, un po' pesante, un po' lagnona.
Auguri Mater, con tutto ciò che sei e con tutto ciò che vorrei che tu fossi.


venerdì 23 agosto 2013

G di gelosia

Ma io dico, per la gelosia esiste rimedio?
Va bene tutto eh, pillole, pomatine, sciroppi, spray, capsule effervescenti, pure supposte valà.
Qualcosa che faccia effetto, che non abbia controindicazioni e che non mi dia uno sfogo pruriginoso.
No perchè mi rendo conto di essere gelosa. Ma parecchio, parecchio gelosa.
Del tipo che vedo ogni essere femminile appetente e languido, potenzialmente pericoloso, sicuramente attratto da Lui.
Inevitabilmente attratto da Lui.
Perchè diciamocelo. 
Lui è una cosa meravigliosa.
E le donne, donnine e donnace che gravitano volenti o nolenti nella sua orbita, non possono che accorgersene prima o poi.
Lui è così tanto, ma così tanto immenso, che mi chiedo se i confini ci sono davvero, quanto sono alti, di che cosa sono fatti.
Di nuvole e zucchero filato, forse.
Diomio
che cosa incredibile che sei, Tu.

giovedì 1 agosto 2013

Post vacanza

Rientrare dalle vacanze è sempre cosa poco gradita.
Soprattutto quando ad accoglierti a casa ci sono un padre e una madre (mio padre è una cosa a parte. È sempre stato un po' sulle sue, distratto e disinteressato, ma non intenzionalmente. Non riesco ad avercela con lui) che sembrano averti visto 10 minuti fa, non 10 giorno fa.
Non dico di aspettarmi festoni, vitello grasso immolato e cornamuse, però uno straccio di "com'è andata? Dai, racconta!", "Ehi, ma sei abbronzatissima eh!", una minima predisposizione all'interazione, al dialogo e all'ascolto sì. Cazzo.
Arrivo a casa e mi sembra di essere in un recinto. 
Tutta sola.
Mi chiedo se a livello psico-somatico questa assenza di parole, di scambi, di affetto possa avere ripercussioni gravi,
del tipo, chessò, che mi sveglio con la coda da ermellino e le orecchie da elfo. Che mi vengono uno sfogo pruriginoso in faccia e i capelli color pantegana.
O più semplicemente, che il banale e persistente senso di in-appartenenza melanconica ogni volta che giro la chiave nella toppa e so che i miei non sono nel buen retiro montano, non passi mai.

mercoledì 17 luglio 2013

... che un giorno vorrei dirle a TE.

"I vow to help you love life, to always hold you with tenderness and to have the patience that love demands, to speak when words are needed, and to share the silence when they are not, to agree to disagree on red velvet cake, and to live within the warmth of your heart and always call it home."

"I vow to fiercely love you in all your forms, now and forever. I promise to never forget that this is a once in a lifetime love. I vow to love you and no matter what challenges might carry us apart, we will always find a way back to each other.
"


Certe parole mi squagliano come un cornetto sotto al sole di agosto.

mercoledì 3 luglio 2013

28

(post assai più rilevante del precedente)

Oggi è il 28esimo compleanno di quella meraviglia che è tutto. Tutto.

AUGURI Amore mio, sappi che cercherò di regalarti una felicità ridicola e immensa ogni giorno, tutti i giorni della tua vita.

Ti amo sai



 

E i medicinali.

È vero, in questi 27 e un po' (un po' tanto) anni di vita sono stata praticamente una tester [n.b. tengo a precisare però che io, a differenza dei ratti, non ho così tanti peli. E nemmeno tanti baffi] per un buon 50% dei medicinali in commercio.
Lo ammetto.
Solo che poi uno cresce (invecchia) e si fa un po' di domande (paturnie) su quanto farebbe meglio limitare l'uso dei medicinali.
Si sa mai che un giorno arrivi a uno stato di degrado e disperazione tale da vedermi costretta a vendere un rene, voglio che il suddetto sia in buono stato. Che sennò me lo tirano dietro.
Dicevo, le medicine.
Negli ultimi mesi-annetti, devo dire che ho ristretto il consumo routinario a un paio: pillola (che non è il caso di rimanere gravida anzitempo) e paracetamol comprato a Londra da Boots alla bellezza di 64cents. Ah, Londra. 
Insomma, fatto sta che un paio di settimane fa vado dalla dottoressa per questo fastidio davvero fastidioso allo stomaco e al petto prima e dopo i pasti (cioè praticamente costantemente): mi sentivo come se avessi ingoiato una rotoballa, che bloccava l'aria in entrata e mi dava continua sensazione di nausea e malessere.
La dottoresssa non c'era, in compenso c'era UN sostituto, un tizio dall'aria gioisa quanto il lunedì mattina di un addetto alle poste. Na tristezza unica insomma.
Beh, spiego con dovizia di particolari i sintomi, e questo tracotante ammasso di gioia di vivere biascica, senza neppure visitarmi, che si tratta di sindrome disp..dispte..dispteptica..insomma, una cosa simile. E mi prescrive un farmaco che farà passare tutto.
Esco dubbiosa assai, ma compro il farmaco. Ovvio.
Allora, innanzitutto il "foglietto illustrativo" più che un foglietto è un mini bignami della Divina Commedia. Farmacisti e affini, non so voi ma io per foglietto intendo un volume di carta tipo uno strappo di carta igienica, un post-it, un bigliettino con le formule di matematica da scopiazzare in una verifica.
E invece, TUMM! Il papiro.
Secondariamente, gli EFFETTI INDESIDERATI. 
Tra le altre cose, potrebbero verificarsi amenorrea, ginecomastia, galattorrea, iperprolattinemia e alterazioni della libido, tensione mammaria, sonnolenza, apatia, improvvisa voglia di comprare un cd di Gigi d'Alessio, gomito del tennista, colera, alluce valgo, voce da Santanchè, desiderio di leggere I love shopping, pustole nelle orecchie.

Grazie. Ora sì che le mie ansie sono sparite.

venerdì 28 giugno 2013

Respira a pieni polmoni

Una candela per ambienti all'aroma di Schnitzel e noodles oppure di fragrante bacon fresco di unto.

Non fa una piega. È il sogno di una vita.
Avere una casa che odora come un umido e muffoso pub tedesco.
Per rendere l'esperienza ancora più realistica e piacevole, si consiglia di rovesciare un po' di birra qui e là e magari vomitare un po' dietro alla porta e sotto al tavolo della sala.

E io che ero rimasta alle candele aromatiche ai fiori di biancospino e brezza mediterranea.
                             

mercoledì 12 giugno 2013

Saudade

Casa. 
Ho bisogno di tornare a casa
E di non sentirmi più come se avessi una polpetta gigante piantata in gola
Ho bisogno di svegliarmi e sentire che finalmente sono dove devo essere
Che fatica,
aspettare.

mercoledì 29 maggio 2013

Il generale

Sì perchè mia madre non è una mamma da Mulino Bianco e Buitoni.
È più sullo stampo -generale dell'esercito insurrezionalista Cileno.
E arrivo a dirlo con quella nota di distacco e leggerezza che lo fa passare per battuta, quando da ridere non c'è un granchè.
Sì perchè, moralismi e pedanterie della serie "dai ma cazzo ti lamenti, non hai avuto un'infanzia difficile, tua madre non era una tossicodipendente che avrebbe venduto pure te per una dose" a parte, io con mia madre ho sempre avuto (e ho il sospetto che sempre avrò) un rapporto tutt'altro che stretto, viscerale, sereno.
A pelle, proprio a pelle, siamo incompatibili
Per differenze abissali che ci dividono, per poche inquietanti similitudini che anzichè unirci ci fanno solo irritare, per l'innaturalità della cosa.

Mia madre mi ha educata, alla fine dei conti più lei che mio padre. E devo ammettere che non ha fatto un lavoro malvagio. Almeno, credo.
Insomma, ho sempre saputo e praticato i fondamentali. 
-Per favore e grazie, vorrei anzichè voglio, scusa-mi dispiace
-rispetto per gli adulti e i superiori
-obbedienza agli ordini (tralasciando vari episodi di ribelle insurrezione)
-silenzio quando la circostanza lo richiede
-masticare a bocca chiusa
-aspettare che ti venga offerto qualcosa e non arraffarlo famelicamente
-attendere pazientemente il proprio turno per muoversi e o parlare
-niente dita nel naso
insomme, ste cose qui.
Però. Però.
Però lei non è mai stata quella di un abbraccio spontaneo e affettuoso, da che io ho memoria (il che mi riporta indietro di almeno una 20ina d'anni).

Non è mai stata quella che nel vedere la mia faccia straziata dalle lacrime dei dolori adolescienziali, si sia seduta accanto a me e mi abbia chiesto "Ne vuoi parlare?... Chiara non piangere, i ragazzi sono degli stupidi.... Se ti ha ferita non ti meritava... Sai quanta felicità ti aspetta?", e tutto quel genere di frasi di poco conforto e molto affetto che in quei momenti ci si vuole sentir dire.

Non è mai stata quella di un invito a fare un giretto solo noi ragazze, dell'andare a comprare una maglietta o un paio di jeans o delle scarpe per andare a quella festa o un cazzo di gelato.

Non è mai stata quella del "com'è andata oggi, che hai fatto al lavoro?". Se qualcuno le chiedesse "che fa tua figlia?" non saprebbe rispondere. Non sapeva rispondere nemmeno quando, per un anno e mezzo, ho lavorato come copy junior. Alla domanda di cui sopra, rispondeva con aria di disapprovazione e smarrimento uno scocciato "lavora a Modena, dove fanno i volantini della pubblicità".
Cazzo no. Non facevo i volantini, mamma. Ma comunque.


È stata quella che ha contribuito a distruggere in partenza la mia autostima. Che ad oggi, all'alba dei 28 anni, è salda e consistente quanto un pelucco di polvere sotto al letto.

È sempre stata quella che, quando saltuariamente ritornavo da scuola giuliva e ridente, ed entrando in casa esordivo con uno scoppiettante "HO PRESO 9 IN LETTERE!" / "HO PRESO 9 NELL'INTERROGAZIONE DI INGLESE" (specifico che 9 era la massima votazione possibile), lei, con un dirompente entusiasmo che manco una faina imbalsamata ne avrebbe potuto avere meno, replicava freddamente "È il tuo dovere. E matematica invece, quando recuperi il 6?".

Niente entusiasmo. Nessun "BRAVA!". Nessun "batti un cinque, e ora a tavola che la pasta è cotta!".

Lei è sempre stata quella della sfiducia, dell'indifferenza, dell'osservarmi da lontano senza mai camminarmi accanto.

Facevo le gare di atletica, un tempo. Più che un tempo, un periodo. Circoscritto in un paio di anni. Ma comunque.
Lei e mio padre non sono mai venuti a vedermi, non mi hanno mai tifata o sostenuta o caricata. Al rientro da un 2° posto ai distrettuali credo, la reazione fu "quando andrai alle olimpiadi magari verremmo a vederti", con risatina ironica di accompagnamento.
Consapevoli che non avrei avuto costanza o capacità nemmeno in quello. Che ok, va bene, ammetto che io e lo sport non siamo mai stati due rette sovrapposte, però... però.

Però lei è sempre stata lì, ad educarmi. A sgridarmi. A ignorarmi. A non ascoltarmi. A indirizzarmi. A non saper ridere.
C'è sempre stata, e lo so. Ma non è mai stata con me.
Non è mai stata quella mamma di cui avevo bisogno
Quella che sì, sgrida e mette in punizione quando si fanno cazzate Ma anche quella che ti abbraccia quando ti vede gnolare e che ti chiede se quello stronzo ti ha poi lasciata in pace.

Oh mamma, quanto vorrei sentirti davvero mamma, sentire il suono di questa parola meravigliosa che mi fa sorridere solo mentre la sussurro e mi coccola quanto un dito dentro un vasetto di miele millefiori.
Quanto vorrei sentirti così vicina da avere una voglia vera di vederti quando torno a casa la sera.

Quanto vorrei sentirti ridere con me, quanto vorrei scambiarmi sguardi d'intesa, quanto vorrei che mi ascoltassi.
Quanto vorrei guardarci un film insieme, mangiando cupcakes e popcorn.
Quanto vorrei che mi capissi e riuscissi a non giudicarmi e incasellarmi perchè così diversa da te.

Ho nostalgia di questo noi mai esistito, mamma

venerdì 24 maggio 2013

24 maggio

e fuori ci sono
9-g-r-a-d-i.

Così, mi sembrava giusto appuntare ai posteri il piacevolissimo clima primaverile cinguettante che ci stiamo godendo in questa plumbea emilia romagna.

Puah.

giovedì 23 maggio 2013

Sarà al flòs?

Sarà che non mi sfogo mai fino a un limite socialmente-tollerabile. continuo sempre a reprimere e strizzare ogni attacco di rabbia e insofferenza compulsiva che mi si attanaglia addosso
Ridimensiono, smusso, levigo
anche quando avrei voglia di scoppiare, sparpagliarmi, urlare.
Non c'è niente di nuovo, niente di serio, niente per cui possa davvero lamentarmi e star qui a scrivere non so nemmeno io bene cosa.
C'è solo e sempre quella unica, pedante, pesante consapevolezza
che io qui ci sto stretta come una trota in una scatola di sardine.
Mi manca l'aria, mi manca tutto ciò che qui non c'è.
Si lo so.
C'è Lui, c'è un lavoro (cosa rara di sti tempi. Ma non nencessariamente cosa amata), c'è un tetto sulla testa, c'è la salute. C'è Lui. Ah, l'avevo già detto. Beh, è così. C'è.
Ma so di trovarmi nel posto sbagliato.
Sarà la mancanza di sfogo liberatorio, sarà il premestruo, sarà l'insofferenza della lontananza da Lui, sarà checcazzoneso.
Ma oggi vorrei rompere i vetri a forza di grida, prendere a clavate il pc, piangere fino a farmi staccare gli occhi dalle orbite e riempirmi di porcherie unte e tamugne come un panino del kebabbaro.
Sigh.
 

mercoledì 8 maggio 2013

Post it

Ogni tanto ricompaio, come il brufolo sul mento.
Mi perdo tra le mie cose, la mia pigrizia e gli impegni veri.
Poi mi ricordo che certe cose vale la pena annotarle, da qualche parte.
Così, per rileggerle tra qualche mese e sorridere. O piuttosto per abbassare la testa, scuoterla e rassegnarsi al fatto che non c'è soluzione, sono proprio messa così.

Beh dunque. 
Annotazione importante n.1: ieri sera, essendo Lui in Polonia (dove probabilmente si sta accorgendo di quanta fauna appetitosa e sexy gironzoli in giro, e stia ripensando al tacito impegno di monogamia), e non essendo io nel mood giusto per La lingua perduta delle Gru, mi son guardata sul piccì The vow. In italiano non so come l'abbiano (vergognosamente) tradotto, comunque è quella commedia con quel tizio gonfio come una nuvola ad aprile e Rachel McAdams, così bella da chiedersi se è vera. Quel film che, con una punta di distratto snobismo, mi ero rifiutata di vedere già mesi fa.
Ecco. Premesso che sì, non si parla di mostri del cinema o di regia da togliere il fiato, devo ammettere che mi è piaciucchiato.
E che ho, ca va sans dire, abbondantemente gnolato.

Ahhh, il post mestruo intriso di romanticismo melodrammatico.
Annotazione importante n.2: prima in ufficio è passato tale signor Paul..., di Colchester. Paul. Oh, dear. Con un accento così Brit e una voce così suadente che mi son sentita sciogliere come un marshmallow in microonde.
C'mon, seriously. Is there anything sexier than a British accent?

Nope.
[il Paul in questione sembrava uno sgabello, con un occhio a monte e uno a valle. Però aveva la voce di un angelo, I swear]


Ok, torno a sparire. Che magari la prossima volta annoto pensieri di uno spessore quantomeno visibile.

giovedì 18 aprile 2013

Appiccicume

In queste ore di fiato sospeso e coglioni cascanti (uhlalla, che tocco di classe) per quegli avariati parassiti riuniti nel tentativo di peggiorare ulteriormente un'opinione pubblica già stracciata e sfiduciata, rifletto un momento sulle cose appiccicose, quelle talmente zuccherose e smielose e picci-picci-cose che aumentano la produzione di succhi gastrici.
Ho sempre avuto un pessimo rapporto con i marshmallows. Santammaria, era come versarsi in bocca una zuccheriera piena.
E anche con quelle caramelle gommose che si appiccicavano ai denti e quando andavi al controllo la dentista ti trovava un pezzetto di orsetto arancione che stanziava lì probabilmente dal '92.
Con gli schiumini, volgarmente chiamati meringhe, era stato amore a primo morso. Poi, dopo che La Nonna me ne aveva comprati ininterrottamente per circa una decade, è stato odio.
Triste, ma inevitabile separazione.

Il miele. Il miele c'è sempre stato, c'era quando veniva spalmato sul ciuccio per placare pianti isterici, c'era quando lo spalmavo su una fetta di pane caldo ricoperta di burro fresco, c'è ora quando diventa la meravigliosa base per la marmellata di amarene.
Ah miele mio, che amore che sei.

Poi ci sono le coppie. Sì, quelle coppie così dolciose e paciugose che le vedi e ti viene diretto un attacco di iperglicemia. Quelle coppie che si limonano come non ci fosse un domani, quelle coppie che lei incenerisce il povero lui che sta ordinando un McCrispyBacon all'addettA del McDrive, intabarrata in quell'uniforme che la fa assomigliare a una lontra imbalsamata, che renderebbe asessuato qualsiasi uomo.
Ecco. Quelle coppie mi hanno sempre fatto un po' sorridere, mi chiedevo "mo maaama, ma che bisogno c'è?", e mi veniva pure un po' di ridarola. 

Poi è arrivato Lui.
E cazzo, ho paura di essere entrata a piedi pari nella categoria di cui sopra.
A Lui risparmio le occhiatacce al McDonalad's però, questo sia chiaro.
E alla fine i nostri limoni pubblici sono sobri. Circa.

Però sta di fatto che quando lo guardo mi sento come un bastoncino di zucchero filato caramellato, ricoperto di melassa e messo sotto al sole del 30 di luglio.
Una fusione completa e inspiegabile di demenza e zuccherosità.

venerdì 12 aprile 2013

Ho un sacco di cose che non ho

-Il naso dritto, corto, magari sbruffone con punta all'insù, e narici entro limiti di ampiezza tollerabili. E invece mi ritrovo un naso che sembra che racconti balle da 10 anni, con due canappe che ci potrebbe passare un tubetto di Vicks sinex in orizzontale.
-Uno sguardo fresco e riposato, nemmeno se dormo 12 ore di fila senza nemmeno una pausa pipì. Altro regalo dei geni paterni: un paio di belle occhiaia bluastre che mi affanno quotidianamente a coprire con correttori e creme di ogni tipo, e che a fine giornata ricompaiono tranquillamente e sfacciatamente come nulla le avesse squassate.
-Una pelle di un colorito normale. Santiddio, avere la pelle olivastra-verdastra va bene giusto per quei 7/10 giorni l'anno in cui ci si abbronza. Per i restanti 358-355 ti fa assomigliare paurosamente a una povera derelitta chiusa in casa col virus da 2 settimane.
-Muscoli. Praticamente sono un essere verebrato con un involucro buttato lì a coprire il tutto. La mia struttura muscolare è sviluppata tanto quanto quella di una coca-cola gommosa.
-Sicurezza e autostima. Qui è come sparare sulla croce rossa. Quando distribuivano quel minimo sindacale di fiducia nelle proprie capacità e autostima, io ero probabilmente nella fila sbagliata... tipo in quella per il bagno.(Vedi tre punti sotto).
-Un conto in banca grasso e tracotante. Il mio assomiglia piuttosto al ladro smilzo e svogliato che ruba i dalmata ne La carica dei 101. 
-Fiducia, in me e anche un po' negli altri. Che a dire il vero potrei abbinarla alla mancanza descritta due punti sopra. E che poi no, io del prossimo mi fido, fin troppo. Il problema nasce quando inizio ad attaccarmi in modalità zecca a qualcuno, così forte e così selvaggiamente che non mi staccherei nemmeno con 10 fialette di Frontline. Ecco. Lì diventa difficile per me riuscire a credere che questa persona, prima o poi, non decida di  liberarsi di me in maniera violenta. O non si accorga che in fondo le zecche sono robe poco piacevoli da avere addosso. 
-Una vescica con capacità contenitive accettabili. Devo far pipì ogni ora, più o meno. A volte anche più spesso. Mi son rassegnata all'idea che probabilmente a 60anni avrò un catetere cotidie.

E poi mi fermo qui. Che a rileggere questo elenco vorrei tornare a casa, nascondermi sotto al panno con una scorta di libri e film e provviste e ovviamente Lui, e non riemergere per almeno 6 mesi.  

martedì 2 aprile 2013

Al ladro, al ladro

La prima ed unica volta che sono stata derubata, fino a ieri l'altro, risale probabilmente a 20 anni fa, ai primi anni dei banchi e del grembiulino nero.
Probabilmente avevo uno di quei pacchettini con 4 biro di colori improbabili, glitterate, che mia nonna mi aveva comprato in edicola insieme alle figurine dell'album de La Bella e la Bestia.
E  probabilmente ne avevo qualcuna rara, di quelle a numero basso, scontornate, di quelle che si trovavano una volta ogni 4/5 bustine. E  sempre probabilmente, qualcuno mi aveva rubato la rosa, quella che ogni petalo caduto era un anno in più per La Bestia, fino al suo decesso.

Sì, probabilmente quella è stata la prima ed unica volta, fino a domenica notte.
Ah no, forse anche all'asilo. Forse qualcuno aveva preso impunitamente una delle mie formine di plastica arancione per fare le stelle marine nella sabbia umidiccia del giardino.
Dal secchiello rosa fiorito ne mancava sempre qualcuna. 

Da allora, furto-free fino ai 27 anni e mezzo.
Fino a che non andiamo a farci il w/e al mare. CazzodiMilanoMarittima. SupercazzodiPineta.
E lì, sotto ai miei occhi, a quelli di Lui e di altre 5/6 persone, la mia borsa (unica borsa di qualche valore mai entrata nel mio armadio, tra l'altro) sparisce. Pouff. La mia borsa, con dentro il mio telefono nuovo comprato accumulando monetine come ghiande da scorta invernale. Con dentro la mia carta d'identità, con la mia faccia che più improbabile non si può. Con dentro gli ultimi contanti-a due zeri orcogggiuda-rimasti. Con dentro il correttore miracoloso comprato il giorno prima, il rossetto prepotente che tanto piace a Lui, la chiave da 1/2 kg dell'albergo che ci è poi costata 35cazzodieuro, e il tagliando del guardaroba.
Che ovviamente porta il/la ladro/a a rubarmi pure il cappotto dal guardaroba stesso.

Col risultato che esco da quella maledetta discoteca senza giacca, senza borsa, in passivo di circa 1.200 euro. 
Un weekend assolutamente fantastico, proprio.
Cazzo.

martedì 19 marzo 2013

Quality time

Latitare.
[la-ti-tà-re] v.intr. (aus. avere; làtito ecc.) [sogg-v] 

Sono giorni e giorni che mi nascondo e mi arrotolo su me stessa.
Riverso la ridicola dose giornaliera di energia nel Lonely Lab-diversamentechiamatoufficio,
col risultato che ho sempre meno tempo per le uniche cose che contano davvero.
Tempo.
Per Lui e per noi, che le poche ore insieme non sono mai abbastanza.
Per un'AmicaMammaCalzina e il suo fagiolo, che devo ancora stringere dopo mesi di primi sorrisi e pupù e ba-ba-ba e notti insonni e gioia infinita.
Per libri con la L maiuscola, di quelli che ti chiedi perchè solo ora si sono spogliati così meravigliosamente davanti ai tuoi occhi, sotto alle tue dita.
Per riversare barlumi di creatività, guizzi di demenza e strascichi di reszdoraggine tra pentole e tegami, tra burro e farina, tra uova e spezie.
Per mettermi al collo la reflex e andarmene in giro a cercare poesie da catturare.
Per fare un lavoro di restauro certosino al mio corpo. Partendo dalle unghie dei piedi fino ad arrivare a ogni singolo capello. Che qui mi sto decomponendo anzitempo.
Per aiutare mio nonno a fare il suo puzzle infattibile. Consapevole che in un'ora riuscirò ad incastrare a forza due pezzi che non vanno assolutamente insieme, presa dalla frustrazione.
Per piantare dei cespugli di lamponi e fragoline di bosco.

Tempo.

venerdì 22 febbraio 2013

Venerdì e non sentirlo

Vorrei passare il resto della giornata ad ingozzarmi di tortellini in brodo fumanti, a smangiucchiare gnocco fritto farcito con tutto il maiale possibile e a darmi il colpo finale con pizza fatta in casa bella fragrante. 
Fiumi di sangria a sciacquare tutto.
E invece sono incollata e rattrappita davanti a robe che riescono a solleticare la mia attenzione e la mia costanza quanto un chewingum pestato e rinsecchito sul marciapiede.
Ohggesù che stanchezza.

martedì 12 febbraio 2013

La nebbia dentro

Che c'ho pure un'altra nonna, io. Oltre a Quella Nonna qua.
E questa nonna c'è e non c'è.
C'è, perchè con i suoi denti casuali e sfortunati come una partita a dadi persa, con le sue gambe lente e nodose, solcate da vene e anni di rinunce, con i suoi capelli che la piega la vedono quando in piedi ci riesce a stare da sola, lei c'è.
Non c'è, perchè i suoi ricordi iniziano a mescolarsi e confondersi come sale nell'acqua, perchè le sue parole non trovano sempre un ordine e un senso, perchè i suoi occhi sono spenti e persi in un giorno ormai dimenticato.
Un alzheimer galoppante, un parkinson prepotente. 
E tutto inizia a stingersi, i suoi ieri sono sbriciolati e tenuti insieme da scotch umido, i suoi oggi saltellano qui e là con una confusione quasi buffa. Quasi.
Sentirmi chiamare con tutti i nomi possibili tranne che il mio, ascoltare paziente incontri fantomatici con personaggi mai conosciuti, far finta di gustarmi una luculliana torta a base di sale, polenta, miele e meticolosa confusione.
Sembra di giocare con un bambino. Farlo vincere sempre, assecondarlo, proteggerlo dagli spigoli, dalle discese, dal forno acceso e dal freddo di gennaio.

Senza la meraviglia però, senza la sorpresa, senza tutte le calde speranze da riporre in un futuro meraviglioso.
Oh nonna. Quanto vorrei stringerti forte e farti sentire a casa.

lunedì 21 gennaio 2013

21 gennaio 2013

Che le parole giuste, non ci sono mica.

365 giorni con te. Insieme. 

Una felicità continua, disarmante, prepotente.

Buon anniversario meraviglia mia. 
 

lunedì 14 gennaio 2013

Sarà che

Sarà che fuori fa un freddo arrogante e sapere di vederti mi fa  sudare,
sarà che io e te ci siamo trovati per caso, mi hai voluta, ti ho studiato, ci siamo innamorati dopo così poco,
sarà che finalmente hanno ripristinato la connessione internet a casa e riusciamo a vederci i nostri film piratando allegramente,

sarà che rientrare presto dall'ufficio e aver tempo di impastare per noi uova, zucchero e farina mi fa sorridere,
sarà che cerco di convincermi che non è cupa rassegnazione ma trepidante attesa, il nostro ritorno a Casa,
sarà che quando suoni il campanello piano, quasi ancora timidamente, sento gli angoli della bocca che tirano all'insù,
sarà che mi sono dimenticata il nonno nel suo letto freddo e lo ricordo invece solo quando ci apriva sorridente la portiera della Ritmo blu, alle 4 di pomeriggio, fuori da scuola,
sarà che una volta a settimana mi avvolgo di burrosa e latticinosa felicità,  
sarà che quando siamo soli mi dimentico che c'è anche qualcos'altro fuori, oltre a noi due,
sarà che la felicità sta di casa nell'oggi, nel qui, nell'insieme
sarà che il "con chi" è diventato più importante del "dove".
Sarà per tutte queste cose e per tante, tantissime altre, che mi sento scandalosamente e voracemente fortunata.

martedì 1 gennaio 2013

che poi alla fine é tutto qui

Un anno é bello lungo.
È denso, più denso di un pomeriggio afoso e torrido di agosto con i ventilatori spenti e il sole battente.
Un anno passa e ti rovescia e ti rigira e ti scuote.
Questo 2012 appena finito é stato un minestrone saporito e bollente, di quelli così buoni che vorresti il bis.
Che non importa se in mezzo ci sono finite le verdure sbagliate, se quelle buone e fresche erano troppo poche e quelle surgelate e amare troppo forti. Alla fine, era meravigliosamente squisito.
Perché in fondo, quando trovi chi ti fa sentire fortunata ogni momento di ogni giorno che respiri... hai il mondo dentro. E il resto rimane fuori.