Vorrei passare il resto della giornata ad ingozzarmi di tortellini in brodo fumanti, a smangiucchiare gnocco fritto farcito con tutto il maiale possibile e a darmi il colpo finale con pizza fatta in casa bella fragrante.
Fiumi di sangria a sciacquare tutto.
E invece sono incollata e rattrappita davanti a robe che riescono a solleticare la mia attenzione e la mia costanza quanto un chewingum pestato e rinsecchito sul marciapiede.
Ohggesù che stanchezza.
venerdì 22 febbraio 2013
martedì 12 febbraio 2013
La nebbia dentro
Che c'ho pure un'altra nonna, io. Oltre a Quella Nonna qua.
E questa nonna c'è e non c'è.
C'è, perchè con i suoi denti casuali e sfortunati come una partita a dadi persa, con le sue gambe lente e nodose, solcate da vene e anni di rinunce, con i suoi capelli che la piega la vedono quando in piedi ci riesce a stare da sola, lei c'è.
Non c'è, perchè i suoi ricordi iniziano a mescolarsi e confondersi come sale nell'acqua, perchè le sue parole non trovano sempre un ordine e un senso, perchè i suoi occhi sono spenti e persi in un giorno ormai dimenticato.
Un alzheimer galoppante, un parkinson prepotente.
E tutto inizia a stingersi, i suoi ieri sono sbriciolati e tenuti insieme da scotch umido, i suoi oggi saltellano qui e là con una confusione quasi buffa. Quasi.
Sentirmi chiamare con tutti i nomi possibili tranne che il mio, ascoltare paziente incontri fantomatici con personaggi mai conosciuti, far finta di gustarmi una luculliana torta a base di sale, polenta, miele e meticolosa confusione.
Sembra di giocare con un bambino. Farlo vincere sempre, assecondarlo, proteggerlo dagli spigoli, dalle discese, dal forno acceso e dal freddo di gennaio.
Senza la meraviglia però, senza la sorpresa, senza tutte le calde speranze da riporre in un futuro meraviglioso.
Oh nonna. Quanto vorrei stringerti forte e farti sentire a casa.
E questa nonna c'è e non c'è.
C'è, perchè con i suoi denti casuali e sfortunati come una partita a dadi persa, con le sue gambe lente e nodose, solcate da vene e anni di rinunce, con i suoi capelli che la piega la vedono quando in piedi ci riesce a stare da sola, lei c'è.
Non c'è, perchè i suoi ricordi iniziano a mescolarsi e confondersi come sale nell'acqua, perchè le sue parole non trovano sempre un ordine e un senso, perchè i suoi occhi sono spenti e persi in un giorno ormai dimenticato.
Un alzheimer galoppante, un parkinson prepotente.
E tutto inizia a stingersi, i suoi ieri sono sbriciolati e tenuti insieme da scotch umido, i suoi oggi saltellano qui e là con una confusione quasi buffa. Quasi.
Sentirmi chiamare con tutti i nomi possibili tranne che il mio, ascoltare paziente incontri fantomatici con personaggi mai conosciuti, far finta di gustarmi una luculliana torta a base di sale, polenta, miele e meticolosa confusione.
Sembra di giocare con un bambino. Farlo vincere sempre, assecondarlo, proteggerlo dagli spigoli, dalle discese, dal forno acceso e dal freddo di gennaio.
Senza la meraviglia però, senza la sorpresa, senza tutte le calde speranze da riporre in un futuro meraviglioso.
Oh nonna. Quanto vorrei stringerti forte e farti sentire a casa.
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