C'è un silenzio surreale in quella stanza asettica, con i muri color tuorlo pallido e pistacchio fresco.
Un silenzio interrotto di tanto in tanto da un tossire soffocato, affaticato, rantolato.
In mezzo a quel silenzio, ai neon pallidi, a rantolii di un'estranea che dorme a meno di 1metro e mezzo da lei, c'è Nonna M.
Lì, coperta da un lenzuolo bianco inamidato, il ricordo di riccioli radi e grigi sparpagliati qui e là, gli occhi stanchi scavati, il viso pallido solcato da tanti ieri e da troppa severità, sembra ancora più piccola. E poi, in quel letto così grande.
Nonna M. è ricoverata, ricovero programmato, nel reparto di Neurologia.
Azzeramento cure, quelle interminabili e colorate 15 pastiglie quotidiane, e reintroduzione progressiva.
Con la speranza che gli effetti collaterali si plachino e il cedimento psico- strutturale rallenti.
Azzeramento cure, quelle interminabili e colorate 15 pastiglie quotidiane, e reintroduzione progressiva.
Con la speranza che gli effetti collaterali si plachino e il cedimento psico- strutturale rallenti.
Con la speranza che il tempo sia più morbido con lei.
E io, lì, in quella jungla ordinata di prese, biscotti secchi appena morsicati, cavi, flebo a metà, fondi di the pallido, coperte color cammello e riviste che nessuna delle due probabilmente ha mai sfogliato, mi sento utile come una cucchiaino di plastica per scavare un tunnel sotterraneo.
Lì, in quella camera così artificiale, così apatica, così nulla.
A parlare del tutto e niente con enfasi e allegria e sorrisi forzati.
Mentre dal letto a fianco, tra respiro affannato e tosse e rantolii, quella sconosciuta alza la testa e mi guarda e mormora affaticata un “mi deve scusare…”.
E io mi sbriciolo dentro.
E vorrei alzarmi, andare lì e abbracciarla. Lei e Nonna M., insieme.
Lì, in quella camera così artificiale, così apatica, così nulla.
A parlare del tutto e niente con enfasi e allegria e sorrisi forzati.
Mentre dal letto a fianco, tra respiro affannato e tosse e rantolii, quella sconosciuta alza la testa e mi guarda e mormora affaticata un “mi deve scusare…”.
E io mi sbriciolo dentro.
E vorrei alzarmi, andare lì e abbracciarla. Lei e Nonna M., insieme.
Rimango con Nonna M. e la Nonna sconosciuta, cerco presuntuosamente di distrarle e distrarmi, cerco di cacciare indietro stupidi, egoistici e inopportuni scroscii lacrimali.
La tristezza che si respira nelle camere d’ospedale si infila tra la pelle e le vene.
E ci mette un po’ ad andare via.
E ci mette un po’ ad andare via.
L, non è presunzione, è dolcezza così alta. Nonna sconosciuta, e amore totale. Che bella sei, cucchiaina d'argento.
RispondiEliminaQuanto vorrei vederti, vederci, conoscerti, conoscerci. E perderci tra parole, the caldo e una fetta di torta. Ti stringo forte, J.
RispondiEliminaBella tu, solo semplicemente bella.
RispondiEliminaLa mia Calzino infinita. Mi manchi davvero, sai
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