mercoledì 29 maggio 2013

Il generale

Sì perchè mia madre non è una mamma da Mulino Bianco e Buitoni.
È più sullo stampo -generale dell'esercito insurrezionalista Cileno.
E arrivo a dirlo con quella nota di distacco e leggerezza che lo fa passare per battuta, quando da ridere non c'è un granchè.
Sì perchè, moralismi e pedanterie della serie "dai ma cazzo ti lamenti, non hai avuto un'infanzia difficile, tua madre non era una tossicodipendente che avrebbe venduto pure te per una dose" a parte, io con mia madre ho sempre avuto (e ho il sospetto che sempre avrò) un rapporto tutt'altro che stretto, viscerale, sereno.
A pelle, proprio a pelle, siamo incompatibili
Per differenze abissali che ci dividono, per poche inquietanti similitudini che anzichè unirci ci fanno solo irritare, per l'innaturalità della cosa.

Mia madre mi ha educata, alla fine dei conti più lei che mio padre. E devo ammettere che non ha fatto un lavoro malvagio. Almeno, credo.
Insomma, ho sempre saputo e praticato i fondamentali. 
-Per favore e grazie, vorrei anzichè voglio, scusa-mi dispiace
-rispetto per gli adulti e i superiori
-obbedienza agli ordini (tralasciando vari episodi di ribelle insurrezione)
-silenzio quando la circostanza lo richiede
-masticare a bocca chiusa
-aspettare che ti venga offerto qualcosa e non arraffarlo famelicamente
-attendere pazientemente il proprio turno per muoversi e o parlare
-niente dita nel naso
insomme, ste cose qui.
Però. Però.
Però lei non è mai stata quella di un abbraccio spontaneo e affettuoso, da che io ho memoria (il che mi riporta indietro di almeno una 20ina d'anni).

Non è mai stata quella che nel vedere la mia faccia straziata dalle lacrime dei dolori adolescienziali, si sia seduta accanto a me e mi abbia chiesto "Ne vuoi parlare?... Chiara non piangere, i ragazzi sono degli stupidi.... Se ti ha ferita non ti meritava... Sai quanta felicità ti aspetta?", e tutto quel genere di frasi di poco conforto e molto affetto che in quei momenti ci si vuole sentir dire.

Non è mai stata quella di un invito a fare un giretto solo noi ragazze, dell'andare a comprare una maglietta o un paio di jeans o delle scarpe per andare a quella festa o un cazzo di gelato.

Non è mai stata quella del "com'è andata oggi, che hai fatto al lavoro?". Se qualcuno le chiedesse "che fa tua figlia?" non saprebbe rispondere. Non sapeva rispondere nemmeno quando, per un anno e mezzo, ho lavorato come copy junior. Alla domanda di cui sopra, rispondeva con aria di disapprovazione e smarrimento uno scocciato "lavora a Modena, dove fanno i volantini della pubblicità".
Cazzo no. Non facevo i volantini, mamma. Ma comunque.


È stata quella che ha contribuito a distruggere in partenza la mia autostima. Che ad oggi, all'alba dei 28 anni, è salda e consistente quanto un pelucco di polvere sotto al letto.

È sempre stata quella che, quando saltuariamente ritornavo da scuola giuliva e ridente, ed entrando in casa esordivo con uno scoppiettante "HO PRESO 9 IN LETTERE!" / "HO PRESO 9 NELL'INTERROGAZIONE DI INGLESE" (specifico che 9 era la massima votazione possibile), lei, con un dirompente entusiasmo che manco una faina imbalsamata ne avrebbe potuto avere meno, replicava freddamente "È il tuo dovere. E matematica invece, quando recuperi il 6?".

Niente entusiasmo. Nessun "BRAVA!". Nessun "batti un cinque, e ora a tavola che la pasta è cotta!".

Lei è sempre stata quella della sfiducia, dell'indifferenza, dell'osservarmi da lontano senza mai camminarmi accanto.

Facevo le gare di atletica, un tempo. Più che un tempo, un periodo. Circoscritto in un paio di anni. Ma comunque.
Lei e mio padre non sono mai venuti a vedermi, non mi hanno mai tifata o sostenuta o caricata. Al rientro da un 2° posto ai distrettuali credo, la reazione fu "quando andrai alle olimpiadi magari verremmo a vederti", con risatina ironica di accompagnamento.
Consapevoli che non avrei avuto costanza o capacità nemmeno in quello. Che ok, va bene, ammetto che io e lo sport non siamo mai stati due rette sovrapposte, però... però.

Però lei è sempre stata lì, ad educarmi. A sgridarmi. A ignorarmi. A non ascoltarmi. A indirizzarmi. A non saper ridere.
C'è sempre stata, e lo so. Ma non è mai stata con me.
Non è mai stata quella mamma di cui avevo bisogno
Quella che sì, sgrida e mette in punizione quando si fanno cazzate Ma anche quella che ti abbraccia quando ti vede gnolare e che ti chiede se quello stronzo ti ha poi lasciata in pace.

Oh mamma, quanto vorrei sentirti davvero mamma, sentire il suono di questa parola meravigliosa che mi fa sorridere solo mentre la sussurro e mi coccola quanto un dito dentro un vasetto di miele millefiori.
Quanto vorrei sentirti così vicina da avere una voglia vera di vederti quando torno a casa la sera.

Quanto vorrei sentirti ridere con me, quanto vorrei scambiarmi sguardi d'intesa, quanto vorrei che mi ascoltassi.
Quanto vorrei guardarci un film insieme, mangiando cupcakes e popcorn.
Quanto vorrei che mi capissi e riuscissi a non giudicarmi e incasellarmi perchè così diversa da te.

Ho nostalgia di questo noi mai esistito, mamma

2 commenti:

  1. Ho le guance rigate e salate.
    Io questa mail la stampo e gliela mando. Non puoi fermarmi.

    ti abbraccio forte Moiry

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    1. Irma mia. Solo per il pensiero, e anche perchè so che lo faresti davvero, ti stringo fortissimo. Ma proprio fortissimo

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