giovedì 9 agosto 2012

È buffo come certe immagini, certi odori, certi sapori, ti si incollino dentro e non se ne vadano più.
Lì, sospesi, tra sangue e nostalgia impastata a ricordi.
Era tutto come l'avevo lasciato. 
L'odore di muffin al lampone caldi, di aria schiacciata dalle vetrate laccate di bianco, di metallo arrugginito a Charing X.
Le nuvole a mezza via, dense di fumo e filtranti sole e vento pungente, pitturate di cobalto e antracite e glicine la sera.
Il sapore di fragole, ricotta e burro che ti si scioglie in bocca, un caffè morbido e timido a lavarlo via, l'aroma di zucchero filato e curry che ti seguono, il cioccolato che ti avvolge.
E poi loro, per cui non bastano le parole, per cui spero che domani ci sia sempre il sole e un sorriso vero e una felicità ridicola.
Loro, la famiglia che vive aldilà delle Alpi, dopo quel braccio d'acqua, su quell'isola verde, in quella città caotica e disarmante e manierosa e instancabile che nemmeno un'intera scala Pantone basta a colorarla tutta. 
Casa.

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