martedì 23 novembre 2010

Il pendolo, che dondolo

Tutto è riconducibile a Lui. Siamo governati, inermi e pigre marionette senza fili, da Lui.
Non lui (l minuscolo, differenza sostanziale), il piccolo Puffo Truffo.
Lui (se la merita, Lui, la L imperiosa). Si conduce e riduce tutto a una questione di minuti. Fa.
“Merda! Se avessi spento in tempo il forno,  ora si sarebbe potuta scorgere l’idea di forma primordiale del pollo, invece che sto cinereo ammasso…” (disse la hocompratotuttiilibridellaclerici,vorràpuredirequalcosa?!)
“Se mi fermavo in tempo, ora lei non sarebbe di là a fare il ClearBlue…” (disse il nonhoancoralapatentematifacciofareungirochenonscordi,bambola).
Insomma.  Tirannico Ticchettio Continuo, .
Tempo e se, così spesso nella stessa principale. E nella subordinata, strascica sempre i piedi un rimpianto.
Che amarezza, l’inscindibilità della molecola-momento. Sarebbe (inverosimilmente) bello poterla tagliare in tante fettine, come la crostata di amarene ancora languida e bollente perché appena uscita dai 160° del De Longhi, e mangiarne una per volta, lentamente, sentendo sulla lingua il confondersi di quel solletico agrodolce.
E invece no. Eccolo lì. Tempo che arriva e che va, Tempo che ti lascia così, con lo stomaco ora ancora borbottante, ora talmente colmo da farti sentire (pesantemente) appagato.
Maalox, per pettinarci.
Nella fantasia, orologi? Spenti, per ricordarci di scordarci del Tempo.
Che tanto, è peggio della televendita superoffertaincredibilesoloperoggiaffrettatevi Eminflex: non ha data di scadenza. E quella di inizio, ormai nessuno la ricorda più.

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